venerdì 31 ottobre 2008

La tonalità ed i modi maggiore e minore

Ragionare in tonalità è normale nel mondo occidentale in cui tutti gli strumenti musicali sono stati costruiti dal 1700 in poi per eseguire brani tonali. Ma ragionare - e suonare - in tonalità e quindi anche nei modi maggiore e minore, che sono strettamente legati al concetto di tonalità, è facilitare il dominio del materiale sonoro e musicale.
Io, in vari forum, leggo astruse e assolutamente incapibili formule di doricità legata alla scala tal dei tali che va ad integrarsi con la misolidità dell'accordo caio etc... etc...
Leggo queste aberrazioni teoriche, anche molto difficili, quando so che il modo maggiore ed il minore ed il concetto di tonalità hanno rappresentato un superamento del sistema modale facilitando l'uso del materiale sonoro.
Certo tonalità e modalità hanno continuato a coesistere insieme: sul finire dell'800, tanti compositori hanno lavorato con il modale e i due sistemi continuano ad integrarsi anche se la preponderanza del tonale è notevole.
Negli ultimi tempi, sul web, ho notato alcuni interventi che offrono spunti di interessante riflessione sulla tonalità e sulla modalità.
Invito tutti a leggere questa tavola sinottica tratta da una tesina fatta da uno studente del Conservatorio G. Verdi di Milano e visibile sul suo sito... vi do la URL:
La sostanza della cosa, a mio parere, è che non si può dire, come leggo spesso sul web che suonare sulla tonalità di DO partendo dal suo RE e suonando via via le note appartenenti alla scala di DO, sia suonare modale (e dorico).
Se si vuole suonare modale bisogna prima capire cosa si intende per modale. E a questo proposito una semplice tavola sinottica, sintetica e stringata ci fornisce un aiuto notevole.
Comunque il sistema tonale: facilita, sfoltisce, da pochi e semplici concetti per dominare completamente un qualcosa, il suono, altrimenti difficile da dominare. Questa dominazione ha portato a tutta la musica che oggi noi conosciamo, da Bach, al Jazz, al R&R. E questo non è un fatto di poco conto.
Cosa dice infatti la teoria della tonalità?
Semplicemente questo: i suoni ruotano tutti intorno ad una nota (e ad accordi) più importante delle altre che ormai nella scienza musicale di tutto il mondo viene chiamata tonica e che dà il nome al territorio che circoscrive ed alle leggi che lo governano. Tutti gli altri suoni vengono trattati come se fossero al di fuori della tonalità... ma attenzione, questi suoni non vengono persi ma vengono integrati, anche in modo dissonante e mediante opportune preparazioni nella musica classica - o ad orecchio come nel Jazz ed in altre musiche non occidentali - nel discorso musicale.
I modi maggiore e minore danno il senso globale del discorso, le alterazioni che vengono a crearsi nella costruzione dei modi maggiore e minore e che sono una sintesi - facilitante, aggiungo io, e questa è cosa, ripeto, di fondamentale importanza - dei vecchi modi, entrano a far parte di un determinato territorio tonale.
Cosa si ottiene con questo?
Che se io sto in una tonalità di MI posso usare le 7 note - o i 12 suoni - di quella tonalità, per creare una linea melodica che sono sicuro non "stoni" con le strutture armoniche relative a quellatonalità. E anche di più, se voglio "stonare" - e lo metto fra virgolette perché una musica come il jazz potrebbe sembrare "stonare" ed invece non lo fa - o se voglio mettere nella linea melodica, note che mi diano sfumatore diverse, posso farlo tranquillamente senza paura di perdermi e senza fare troppi calcoli teorici o di diteggiatura. Basta infatti che riaffermo quella tonalità con le note che ne fanno parte e sono di nuovo "intonato".
Quello che fa il jazz è questo, di solito: un tema, la tonalità; un'improvvisazione (o una fuga di libertà), la fuga dalla tonalità; il tema che si riafferma, il ritorno alla tonalità.
Potrei dire che il jazz per certi aspetti è forse la musica più tonale che ci sia mentre la classica moderna e contemporanea, con gli esperimenti elettronici e sulla dodecafonicità, si è assolutamente allontanata dal concetto di tonalità. Anche se poi in parte vi è ritornata preferendo lavorare su altre dinamiche musicali, come svincolare gli strumenti dall'essere suonati in pura sudditanza alle dinamiche del cantare... ma questo è un altro discorso.
Bisogna anche dire che molto jazz usa la modalità. So What, di Davis, ad esempio. Ma il jazz in quanto musica fondamentalmente composta da assoli, quindi orizzontale, ben si presta al contributo modale... l'accordo in tanto jazz è un tale tappeto sonoro che tutto si perde in esso e risalta assolutamente lo spunto solistico e la figurazione ritmica.
Lungi da me l'idea di fare saggistica. Il mio vuole essere un piccolo contributo di chiarificazione su teorie che rendono difficile capire le leggi che regolano il nostro mondo musicale. Invito a leggere un testo fondamentale per la comprensione delle dinamiche qui trattate:
Il Manuale di Armonia di Arnold Schonberg, Edizioni Il Saggiatore, per quanto riguarda la classica. O il Piston.
Per quanto riguarda la modalità, interessanti discussioni ci sono su MusicOff forum, c'è questa tesina di cui ho dato prima la URL per una pagina, che poi rimanda ad un indice che vi permette di leggerla tutta, ci sono le opere dei teorici musicali del 1900 fra cui Ernest Ansermet e i lavori non tradotti purtroppo in italiano del grande teorico francese Jacques Chailley.
Grazie e buon lavoro

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